TRE VOLTE ALL’INFERNO: IL
“GOTICO”, PRETESTO PER IL VIAGGIO ATTRAVERSO PSICHE
TRE VOLTE ALL’INFERNO di Cristian Borghetti è il
romanzo di una “creatura” oscura: incubo che chiede di essere sciolto in
un’alba di conoscenza. E’ la forma di un orrore che prende connotati differenti
mediante racconti che formano un trittico: storie diverse, che possono
benissimo vivere di vita propria, autonoma e
tuttavia collegate tra loro da un filo conduttore che stabilisce una sinergia finalizzata a rendere l’insieme
intensamente potente proprio attraverso ambientazione, tensione, cromatismo
differenti.
Il filo conduttore che le
unisce come un basso continuo, è quello del mistero che incombe e genera,
attraversando paura e orrore, la
necessità della soluzione.
Possiamo definire – per
semplificare - il libro di Borghetti come appartenente al genere “gotico: TRE VOLTE ALL’INFERNO è a mio avviso l’espressione di un humus
narrativo complesso che rimanda a diversi generi ispiratori e individua le
storie narrate come percorso attraverso Psiche per giungere al lido del
superamento di uno stato esistenziale per un altro, più autonomo e maturo.
Da qui l’uso di parole
desuete o colte, reperite nel latino o nell’uso che di alcune si fa in
psicanalisi; di nomi propri rari, quasi che nominando si connotasse di “enigma”
colui che è nominato; o della citazione all’interno della frase - per la costruzione del periodo - di
versi di grande autore; dell’impiego di figure antiche – miti – carichi di
simbolismo: basilisco, labirinto, torre ( una Babele delle forme); oppure –
senza nominare, lasciando intuire per eleganza essenziale – il classico
complesso di Narciso.
Questo romanzo delle tre
enne (notte, nebbia, neve); nonché del sangue, della paura, della luce che è
incapace di divenire “umana”, restando luce d’acciaio (fissa, incombente, annichilente) o al limine (nel passaggio
dalla notte al giorno) indecisa, imprecisa; o materica, quasi solida del rosso
quanto del nero è - all’apparenza -
romanzo “gotico” : insinua invece la sensazione forte che in realtà si
stia raccontando d’altro, si stia attraversando i territori di alcuni temi
classici: Bellezza (anche il macabro è Bellezza? Solo Bellezza conosce le
risposte al Vero?); follia; discorso sul teatro ( che relazione intercorre tra
attore e spettatore, catarsi dell’opera teatrale); dubbio (dal dubbio si genera
conoscenza o è solo il gioco eccelso di un intelletto insaziabile?);
riflessione sulla fatica, il dolore di scrivere; riferimenti psicanalitici al
percorso che l’anima compie per l’evoluzione a stadi di coscienza superiori.
La tematica dell’orrore e i
riferimenti – omaggi – alla grande poesia testimoniano non solo le provenienze
e il sentimento nei confronti del verso di Borghetti, ma anche quanto Mito e
Poesia abbiano complessità tale da essere mondo totale per narrazione, siano
fonte inesauribile nel creare una scrittura che oltre l’immediatezza del testo
rimandi ad altre letture, a percezioni che la superficie narrativa sia forma
che racchiude una sostanza ustoria importante.
In questa declinazione
sinergica di forma e sostanza Cristian Borghetti ha realizzato compiutamente
TRE VOLTE ALL’INFERNO lasciando intravedere il processo evolutivo e aperto del
suo mondo narrativo.
Adriana Gloria Marigo,
poetessa
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